L’LHC: uno sguardo all’interno Understand article

Tradotto da: Rocco G. Maltese. Nel secondo dei due articoli, Rolf Landua del CERN ci porta nelle profondità al di sotto della superficie per visitare la più grande avventura scientifica della Terra – il Large Hadrone Collider ( far collidere degli adroni -  particelle composte) e i suoi…

L’Acceleratore

Mentre l’LHC stava
costruendosi, i tecnici
usavano diversi mezzi di
trasporto per muoversi sul
terreno attorno ai 27 km del
tunnel. Vicino ai tecnici si
possono vedere due magneti
del LHC prima che fossero
collegati assieme. I cilindri
blu contengono un involucro
magnetico e una bobina del
dipolo magnetico insieme al
sistema di elio liquido
richiesto per raffreddare il
magnete affinché si trasformi
in super conduttore.

Immagine gentilmente
concessa dal CERN

Il Large Hadron Colliderw1 (LHC) all’Organizzazione Europea per la Ricerca Nucleare (CERN) è uno strumento scientifico gigantesco che si estende nel territorio al confine di due stati Francia e Svizzera nelle vicinanze di Ginevra, Svizzera. Il più grande del mondo e più potente acceleratore di particelle, è utilizzato da quasi 10000 fisici provenienti da più 80 paesi per cercare le particelle che dovrebbero rivelare la catena di eventi che hanno creato l’Universo nella frazione di un secondo subito dopo il Big Bang. Può risolvere l’enigma dalle proprietà delle più piccole particelle alle più grandi strutture della vastità dell’Universo. 

Per il progetto e la costruzione del LHC ci sono voluti 20 anni con un costo totale di 3.6 miliardi di euro. Occupa un tunnel lungo 27 km e largo 3.8 m ad una profondità di 100 m. A questa profondità esiste uno strato geologicamente stabile, e a questa profondità si prevengono la fuoriuscita di radiazioni. Fino dal 2000, il tunnel ospitava l’anello del Grande Elettrone-Positrone (LEP) che fu costruito nel 1989. Questo primo acceleratore di elettroni che collidevano contro le loro anti-particelle, i positroni ( per una spiegazione sull’antimateria, Landua & Rau, 2008), al fine di studiare con grande precisione le proprietà delle particelle risultanti dall’urto e delle loro interazioni.

Vi sono otto ascensori che  conducono giù nel tunnel, e sebbene l’ascensore abbia una sola fermata impiega per scendere un intero minuto. Per spostarsi tra gli otto punti di accesso, il personale addetto alla manutenzione e alla sicurezza utilizza delle biciclette per muoversi attorno al tunnel – talvolta percorrendo diversi chilometri. LHC è manovrato automaticamente da un centro di controllo, così che una volta iniziato l’esperimento, gli ingegneri e i tecnici avranno solo di accedere al tunnel per la manutenzione.

Il reale esperimento è un processo piuttosto semplice: l’LHC fa collidere due adroni – che possono essere protoni, o nuclei di piombo – ad una velocità vicina a quella della luce. I livelli veramente alti di energia coinvolti nell’esperimento permettono all’energia cinetica delle particelle che si collidono di essere trasformate in materia, in accordo alla legge di Einstein E = m c2 , e tutte le particelle di materia create nella collisione saranno individuate e misurate. Questo esperimento sarà ripetuto fino a 600 milioni di volte per secondo, per molti anni. L’LHC realizzerà principalmente collisioni protone – protone, che saranno studiati da tre dei suoi quattro detector (ATLAS,CMS, e LHCb). Comunque per diverse settimane all’anno, verranno utilizzati ioni pesanti (nuclei di piombo) che saranno accelerati, per essere studiati principalmente con il detector dedicato ALICE.  

Beschleunigerprinzip.jpg: Il
principio di un acceleratore
di particelle con i suoi tre
componenti principali: i
condotti del fascio, gli
elementi acceleratori, e i
magneti devianti.

Immagine gentilmente
concessa da DESY

Come ogni altro acceleratore di particelle, l’LHC ha tre principali componenti: il condotto del fascio, la struttura acceleratrice, e il sistema dei magneti (vedi diagramma). All’interno dei suoi due condotti del fascio, ciascuno con un diametro di 6.3 cm, fasci di protoni (o ioni pesanti) viaggiano in direzioni opposte (una direzione in ogni condotto) in un vuoto ultra alto di 10-13 bar, paragonabile alla densità di materia nello spazio. La bassa pressione è necessaria per minimizzare il numero di collisioni con il rimanente gas di molecole e la successiva perdita di particelle accelerate.

I protoni sono provvisti da una bottiglia piena di gas idrogeno. Gli atomi di idrogeno consistono di un protone e un elettrone. Gli scienziati rimuovono gli elettroni mediante una scarica elettrica, dopo di ciò i protoni sono guidati verso l’acceleratore mediante campi elettrici e magnetici. Per il funzionamento l’LHC ha bisogno di trecento milioni di miliardi (trilione) di protoni, ma poiché un singolo centimetro cubico 60 milioni di trilioni di protoni, l’LHC può essere rifornito 200.000 volte con un centimetro cubico di gas – e deve essere rifornito solo due volte al giorno!

La seconda parte di un acceleratore consiste di una struttura acceleratrice. Prima che i protoni (o ioni pesanti) siano introdotti nei due condotti dei fasci del LHC, sono accelerati in acceleratori più piccolo (collegati al LHC) fino al 6% della loro energia cinetica finale. All’interno del LHC, le particelle acquisiscono la loro energia cinetica finale attraverso otto strutture acceleratrici (cavità acceleratrici) 

Ogni volta che le particelle percorrono queste cavità, sono accelerate da un forte campo elettrico di circa 5 MeV/m. La funzionalità dell’acceleratore è confrontabile a un surfista  sul mare (vedi diagramma): un gruppo di protoni, circa 100 miliardi – i surfisti – corrono insieme su una enorme onda elettromagnetica guadagnando energia cinetica. Ogni onda accelera un gruppo di protoni, e ciascuno dei due condotti del fascio consiste di 2800 gruppi discreti, uno per ogni metro. Dopo 20 minuti, raggiungono la loro energia cinetica finale, avendo percorso 11245 volte il circuito del LHC per secondo. In quei 20 minuti, i protoni coprono una distanza che supera il percorso dalla Terra al Sole e ritorno.

La cavità super-conduttrice acceleratrice agisce come un surfista sulle onde del mare.
Immagine per gentile concessione del CERN
 

Queste particelle entrano nel LHC a 99.9997828 % della velocità della luce. Dopo l’accelerazione, esse raggiungono il 99.9999991 %. Questa è la velocità massima che può essere raggiunta, poiché nulla si muovere ad una velocità  maggiore di quella della luce, conseguentemente alla teoria della relatività. Sebbene può sembrare un insignificante guadagno nella velocità, vicino alla velocità della luce, persino a una piccola accelerazione corrisponde a un grande guadagno in massa, e questa è una parte molto importante . Un protone da fermo ha una massa di 0.938 GeV (938 milioni di elettronvolt). L’acceleratore li porta ad una massa finale (il che corrisponde all’energia che praticamente è la stessa cosa) di 7000 miliardi di elettronvolt (7 tera-eV o 7 TeV). Se ipoteticamente potessimo accelerare una persona di 100 kg nel LHC, la sua massa finale raggiungerebbe le 700 t.

Questa immagine generata al
computer di un dipolo
magnetico del LHC mostra
alcune parti vitali per le
operatività di questi
componenti: I magneti
devono essere raffreddati a
1.9 K così che la
superconduttività delle
bobine possa produrre il
campo magnetico richiesto di
8 T. Cliccare sull’immagine
per ingrandirla.

Immagine per concessione del
CERN

In assenza di forze esterne, il protone dovrebbe tenere una traiettoria linea retta. Per fornirgli  una traiettoria circolare, i condotti sono circondati da un sistema di grandi magneti che flette il percorso dei protoni – questi magneti costituiscono la terza parte di ogni acceleratore di particelle. Più grande diventa la massa di una particella e più forte dovrà essere la forza del magnete che la tiene sul percorso. Questo rappresenta anche la limitazione di un acceleratore di particelle, poiché ad una certa energia magnetica, il materiale delle spire magnetiche non resiste più alle forze del proprio campo magnetico. I magneti utilizzati nel LHC sono stati appositamente progettati: la parte dominante del sistema magnetico consiste di 1232 dipoli magnetici, ciascuno dotato di una lunghezza di circa 16 m e del peso di 35 t, che creano al massimo un campo magnetico di 8.33 tesla – 150.000 volte più potente del campo magnetico della Terra.  

I magneti sono costruiti in coppia: essi contengono due spire magnetiche al suo interno, ciascuna attorno ad uno dei due condotti del fascio. La corrente viaggia lungo il solenoide e crea i campi magnetici, diretti uno verso il basso in un condotto e l’altro verso l’alto nell’altro. Questo è come due particelle (protoni o nuclei di piombo) della stessa carica possano percorrere la stessa traiettoria in direzioni opposte – una per ogni condotti del fascio.

Oltre ai dipoli magnetici vi sono quadrupoli magnetici (con quattro poli magnetici) per focalizzare i raggi, e migliaia di ulteriori sestupoli più piccoli e ottupoli magnetici (con sei o otto poli magnetici ciascuno, rispettivamente) per correggere le dimensione del fascio e la sua posizione.

Tutti i solenoidi dei magneti e le cavità acceleratrici sono stati costruiti con dei materiali speciali (niobio e titanio) che diventa superconduttore a temperature molto basse, conducendo l’elettricità necessaria a creare campi elettrici e magnetici senza resistenza elettrica. Per raggiungere la loro massima produttività i magneti è necessario che siano raffreddati a -271.3 °C (1.9K) – una temperatura minore di quella dello spazio interplanetario. Per raffreddare i magneti, la maggior parte degli acceleratori è connesso a un sistema di distribuzione di azoto liquido e di elio (vedi il  riquadro). Proprio un ottavo del sistema di distribuzione criogenico del LHC si potrebbe qualificare come il più grande frigorifero del mondo. 

Attorno all’anello vi sono quattro punti nei quali la catena dei magneti viene interrotta:  queste contengono quattro grandi caverne per gli esperimenti del LHC e dei loro detector. Qui le traiettorie del fascio esterno e quello interno sono fatti incrociare e scambiarsi di posto utilizzando uno snodo a X dei condotti. In tutti e quattro condotti ad X, i fasci si attraversano ad un angolo di 1.5 gradi, permettendo ai raggi di realizzare la collisione.

Gli esperimenti del LHC.
Cliccare per ingrandire
l’immagina.

Immagine concessa
gentilmente da Nicola Graf

Grandi sensori – descritti più avanti – circondano i punti di collisione. Per aumentare la probabilità di collisione delle particelle, i gruppi di particelle sono spremute, mediante dei magneti speciali proprio prima di ogni camera di collisione, sino a un diametro di 16 µm – più sottile di un capello – e lungo 80 mm i fasci sono così sottili che il compito di farli collidere è come sparare degli aghi da due posizioni distanti tra loro 10 km con una precisione da farli incontrare a metà strada! Comunque la tecnologia del LHC riesce a gestire questo compito così difficile. Ciononostante, persino in questi fasci di particelle focalizzati, la densità è ancora molto bassa – 100 milioni di volte più bassa dell’acqua – così la maggior parte delle particelle passano attraverso l’altro gruppo di particelle senza collidere o rallentare. Così, sebbene vi siano 100 miliardi di protoni per ogni gruppo, quando i due gruppi collidono, si verificano solo 20 collisioni. Poiché le collisioni tra i due gruppi avvengono 31 milioni di volte per secondo (2800 gruppi x 245 rivoluzioni attorno all’anello del LHC per secondo), questo dà ancora 600 milioni di collisioni tra protoni per secondo quando l’LHC sta operando alla intensità massima.

Un singolo gruppo di protoni che viaggiano a tutta velocità ha la stessa energia cinetica come un elefante di una tonnellata a 50 km/h, e tutta l’energia contenuta nel fascio è di 315 megajoule (MJ), sufficiente a fondere 500 kg di rame. Perciò, un considerabile sforzo è stato riposto nella sicurezza del LHC. Potrebbe il fascio diventare instabile, ma questo verrebbe immediatamente rilevato dai sensori del fascio, e prima della sequenze di tre circuiti attorno all’anello (cioè entro un millesimo di secondo) il fascio sarà deviato verso una specie di uscita di sicurezza, dove è assorbito da  piastre di graffite e cemento prima che causi ulteriori danni (vedi il diagramma sopra).  

Gli Esperimenti

LHC farà collidere due protoni ad una energia cinetica totale di 7 + 7 = 14 TeV (o due ioni piombo ad una energia totale di 1140 TeV), e quindi individuare e misurare le nuove particelle prodotte quando l’energia cinetica è trasformata in materia.

Secondo la fisica quantistica, queste collisioni genereranno tutte le particelle del modello standard( come descritto nell’articolo di Landua & Rau, 2008) con certe probabilità. Tuttavia, la probabilità di generare le particelle pesanti che gli scienziati stanno cercando è molto bassa. Alcune delle collisioni delle particelle saranno abbastanza dure da produrre particelle pesanti nuove. La teoria predice che i bosoni di Higgs (per saperne di più sul bosone di Higgs, vedi Landua & Rau, 2008) o altri fenomeni completamente nuovi che attualmente si ricercano saranno prodotti solo molto raramente (tipicamente una volta su 1012 collisioni), così è necessario studiare molte collisioni per trovare ‘l’ago nel migliaio di pagliai’. Questo è il perché LHC funzionerà ancora per molti anni , 24 ore al giorno.   

Gli eventi (un evento è una collisione con tutti le sue particelle risultanti) sono studiati utilizzando dei sensori giganteschi che sono in grado di ricostruire cosa è successo durante la collisione – e mantenendo la frequenza di enormi collisioni. I sensori possono paragonarsi a delle macchine fotografiche digitali 3d che possono contenere 40 milioni di scatti (con le informazioni digitalizzate provenienti da 10 milioni di sensori) per secondo. I sensori sono costruiti a strati, ciascun strato ha funzionalità differenti (vedi il diagramma di cui sotto). I più interni sono i meno densi, mentre quelli esterni sono più densi e più compatti.  

Una immagine
computerizzata del rivelatore
ATLAS, mostra i differenti
strati e il passaggio delle
differenti particelle
attraverso gli strati. Cliccare
sull’immagine per
ingrandirla.

Immagine concessa
gentilmente dal CERN

Le particelle pesanti che gli scienziati sperano di produrre nelle collisioni nel LHC vivranno molto brevemente, decadono rapidamente in particelle già note più leggere. Dopo una collisione dura, centinaia di queste particelle leggere, per esempio elettroni, muoni e fotoni, ma anche protoni, neutrone e altre, che volano attraverso i sensori a velocità quasi vicino a quella della luce. I sensori utilizzano queste particelle più leggere per dedurre la breve esistenza di quelle nuove, pesanti. 

Le traiettorie della particella carica sono deviate attraverso dei campi magnetici, e i loro raggi di curvatura sono utilizzati per calcolarne la quantità di moto: più elevata è l’energia cinetica, e meno curva risulterà la traiettoria. Per particelle con una elevata energia cinetica, deve essere misurata un tratto sufficientemente lungo di traiettoria per determinarne in modo accurato il raggio di curvatura. Un’altra importante parte di un  rivelatore sono i calorimetri per la misura dell’energia delle particelle (sia cariche che senza carica). Anche i calorimetri devono essere abbastanza grandi per assorbire il più possibile dell’energia delle particelle. QUeste sono due delle ragioni del perché i sensori del LHC sono così grandi. 

La regione di interazione dei sensori sono costruiti in modo da essere ermeticamente chiusi per poter calcolare il bilancio energetico totale la quantità di moto di ogni evento per ricostruirlo in dettaglio. Combinando le informazioni provenienti da differenti strati del rivelatore, è possibile determinare il tipo di particella che ha lasciato ciascuna traccia.   

Le Particelle cariche – elettroni, protoni e muoni – lasciano tracce mediante la ionizzazione. Gli elettroni sono molto leggeri e perciò perdono rapidamente la loro energia, mentre i protoni penetrano attraverso gli strati del rivelatore. I fotoni stessi non lasciano alcuna traccia, ma nel calorimetro, ciascun fotone si converte in un elettrone e un protone, l’energia dei quali viene misurata. L’energia di un neutrone si misura in maniera diretta: i neutroni trasferiscono la loro energia ai protoni, e sono loro che vengono rivelati. I muoni sono le uniche particelle che raggiungono (e sono rivelate attraverso) gli strati più esterni del rivelatore (vedi diagramma di cui sopra).

Ogni parte di un rivelatore è collegato ad un sistema elettronico di lettura mediante migliaia di cavi. Non appena viene registrato un impulso, il sistema registra l’esatta posizione e l’istante e invia le informazioni a un computer. Diverse centinaia di computer lavorano all’unisono per combinare le informazioni. In cima alla scala gerarchica dei computer vi è un sistema estremamente veloce il quale decide – in frazione di secondo – se un evento è di interesse oppure no. Vi sono molti differenti criteri per selezionare potenzialmente eventi significativi, il quale è come la enorme quantità di dati rappresentati da 600 milioni di eventi per secondo si riducono ad alcune centinaia di eventi per secondo da analizzare in dettaglio. 

I sensori del LHC sono stati progettati, costruiti e commissionati mediante una collaborazione internazionale, che ha riunito scienziati e istituzioni in tutto il mondo. In totale, vi sono quattro grandi esperimenti al LHC (ATLAS, CMS, LHCb e ALICE) e due piccoli (TOTEM, LHCf). Considerando che si sono impiegati 20 anni per pianificare e costruire i sensori e si pensa debbano funzionare per 10 anni, la durata totale degli esperimenti è quasi equivalente all’intera carriera di un fisico. 

La costruzione di questi sensori è il risultato di quello che potrebbe essere chiamato ‘gruppo segreto’:  mentre gli scienziati che  lavorano ai sensori comprendono le funzioni degli apparati in generale, nessun scienziato è famigliare con i dettagli e le precise funzioni di ogni singola parte. In una tale collaborazione, ogni scienziato contribuisce con il suo o sua competenza al successo complessivo.

ATLAS e CMS

Il sensore ATLAS sarà il più
grandedel mondo del suo
tipo quando la sua
costruzione sarà completata:
le persone nel diagramma
sono in scala. Cliccare
sull’immagine per allargarla. 

Immagine cortesemente
concessa dal CERN

I due grandi esperimenti ATLASw2 (Un apparato LHC toroidale) e il CMSw3 (Un Solenoide per Muoni Compatto), sono dei generici sensori ottimizzati per la ricerca delle nuove particelle. ATLAS e CMS sono collocati alle estremità opposte dell’anello del LHC, ad una distanza di 9 km (vedi il diagramma degli esperimenti). Avendo ciascuno due sensori indipendentemente progettati è vitale una conferma incrociata di ciascuna scoperta. La collaborazione tra l’ATLAS e il CMS consiste di 2000 fisici provenienti da 35 paesi.

Il sensore ATLAS ha la forma di un cilindro di 25 m di diametro e 45 m di lunghezza, quasi metà della lunghezza della Cattedrale di Notre Dame a Parigi, Francia, e raggiunge il peso della Torre Eiffel (7000 t). Il suo campo magnetico è prodotto da un solenoide nella sua parte più interna e un ulteriore magnete toroidale come una enorme ciambella all’esterno (vedi figura a destra)

Anche il sensore CSM ha una forma cilindrica (15 m di diametro e 21 m in lunghezza) ed è costruito attorno ad un magnete a solenoide superconduttore che genera un campo di 4 tesla, il quale è confinato da un involucro di acciaio che contribuisce al peso del sensore di 12500 t. Mentre l’ATLAS è stato costruito in situ, il sensore CSM è stato costruito in superficie, e quindi posto in profondità in 15 sessioni e infine assemblate.

LHbC

L’esperimento denominato LHCbw4 ci aiuterà a capire perché viviamo in un universo che appare essere composto quasi interamente da materia e non da antimateria. È specializzato nell’ indagine sulle leggere differenze tra materia e antimateria studiando un tipo di particelle chiamato quark giù, o b quark (vedi Landua & Rau, 2008, per una spiegazione dell’antimateria e i tipi di quark). Per identificare e misurare il quark b e la loro controparte dell’antimateria, il quark anti-b, LHCb ha dei sensori molto sofisticati mobili vicino al percorso del fascio che circola nell’LHC.    

I componenti principali del progetto del magnete del LHCb; sono visibili anche le spire del dipolo magnetico del grosso sensore. Aprile 2004.
Immagine cortesemente concessa dal CERN

ALICE

Integrazione del tracciatore
interno dell’esperimento
denominato ALICE.

Immagine concessa
cortesemente dal CERN

ALICEw5 (Un Grande Collisore di Ioni –  Large Ion Collider) è un sensore specializzato per l’analisi delle collisioni di ioni di piombo. Per alcune settimane all’anno, questi saranno fatti collidere al posto dei protoni, nel LHC. All’interno delle dimensioni di un nucleo atomico, si creeranno le condizioni che sono prevalse circa un milionesimo di secondo dopo il Big Bang, quando la temperatura dell’intero Universo era di circa 100 000 volte più caldo del nucleo del Sole. Queste condizioni possono creare uno stato della materia chiama plasma di gluoni-quark, che i fisici possano spiegare0 le caratteristiche del plasma di quark-gluoni, vedi Landua, 2008).

La sfida dei dati

L’LHC produrrà approssimativamente annualmente 15 petabyte (15 milioni di gigabyte) sufficienti a riempire 3 milioni di DVD. Migliaia di scienziati in tutto il mondo vorranno accedere e analizzare questi dati, così   il CERN sta collaborando con le istituzioni si 33 paesi per distribuire una infrastruttura di computer e di dati immagazzinati: la LHC Griglia di Computer (LHC Computer Grid) (LCG). 

L’LCG permetterà che i dati prodotti dagli esperimenti del LHC siano distribuiti intorno al mondo, con un bachup primario mantenuto al CERN. Dopo una iniziale elaborazione, i dati saranno distribuiti a undici centri di calcolo. Questi centri tier-1faranno in modo da rendere accessibili i dati a più di 120 centri tier-2 per analisi specifiche. Scienziati individuali potranno allora accedere ai dati del LHC dai loro paesi, utilizzando dei gruppi computer locali o anche PC singoli individuali.
 

Chi lavora all’LHC?

Liz Gregson dell’dell’Imperial College di Londra, UK, parla di alcuni degli impiegati al CERN.

Katharina Leney, Fisica al ATLAS

Katharina ha preparato il suo PhD in fisica sulla ricerca riguardante il bosone di Higgs, lavorando al sensore ATLAS. Ha anche sviluppato un mezzo che permette di osservare le condizioni all’interno del sensore, per assicurarsi che i dati ottenuti siano utilizzabili. “È veramente eccitante essere qui, lavorare gomito a gomito con i fisici così famosi.” Oltre alla sua ricerca, è diventata anche guida del CERN, e mostra ai visitatori gli esperimenti e spiega il lavoro che gli scienziati sviluppano qui.

Dr Marco Cattaneo, coordinatore di progetto

Dr Marco Cattaneo
Immagine cortesemente
concessa dal CERN

Marco è nato in Italia ma si è trasferito in UK all’età di dieci anni. Oggi vive in Francia, lavora in Svizzera, ed ha una moglie Anglo-Elvetica e due bambini che parlano correntemente tre lingue. Egli dice che “Quando mi domandano da dove vengo, la mia risposta è sono Europeo!” È stato al CERN sin dal 1994. È vice leader di progetto per il software e il calcolo computerizzato per l’esperimento LHCb. Il suo impiego principale è quello di coordinare il lavoro di 50 fisici che sviluppano il software che permette la ricostruzione delle originarie traiettorie delle collisioni tra particelle registrate dai sensori. Questo viene successivamente integrato attraverso un singolo programma di ricostruzione, così gli altri possono studiare le caratteristiche dell’evento della collisione.  

A Marco piace l’atmosfera che si è creata al CERN: “Concentra circa il 50 per cento della comunità dei fisici delle particelle nel mondo, ciò vuol dire che la vasta maggioranza delle persone che lavorano al CERN possono vantare un alto profilo professionale nel loro campo e sono altresì molto motivati. Non è inusuale che si sia al primo posto con un premio Nobel. 

This text was first published in the Imperial College London alumni magazine, Imperial Matters.

Mentre andiamo in stampa: una perdita di elio nell’LHC

A mezzogiorno del 19 Settembre del 2008, nove giorni dopo l’inizio delle operazioni, un incidente si è verificato in uno degli otto settori (settore 3-4) del LHC. La causa si riscontrata nella connessione elettrica super conduttrice tra i due degli dei magneti del LHC. Quando la corrente elettrica aumenta oltre i 9000A, parte dei cavi sviluppano una resistenza elettrica che produce una potenza elettrica resisteva all’interno del cavo. In meno di un secondo, un arco elettrico buca il contenitore dell’elio e provoca l’invasione dell’elio liquido nel vuoto isolatore del sistema di raffreddamento. Poiché diversi magneti condividono un vuoto isolante comune, ne risulta un grande incremento nella pressione che porta ad un danno meccanico sino a 24 dipoli magnetici e 5 quadrupoli magnetici. 

Mentre stavamo andando in stampa, i settori 3-4 sono stati riscaldati così si è potuto procedere a ripararli. Almeno 29 magneti dovranno essere estratti, e portati in superficie, riparati e quindi provati e reinstallati e riconnessi. Anche i condotti del fascio dovranno essere attentamente ripuliti. Mentre avvenivano queste riparazioni che in un semplice acceleratore di particelle avrebbero richiesto alcune settimane, la complessità delle istallazioni super conduttrici del LHC ha richiesto diversi mesi di lavoro, più circa sei settimane per raffreddare i magneti e riportarli alla temperatura di 1.9 K. Si prevede che LHC possa riprendere a funzionare e arrivare alla prima collisione nel 2009.

 


References

Web References

Resources

Institutions

Author(s)

Rolf Landua è il Capo del reparto Educatico del CERN, dove vi ha lavorato sin dal 1980. Un fisico delle particelle Tedesco, egli è il co-iniziatore della Fattoria dell’Antimateria del CERN e conduce il progetto ATHENA che ha creato milioni di atomi di anti-idrogeno nel 2002. Egli è segretamente famoso come il modello del personaggio Leonardo Vetra, un fisico dell’anti-materia del CERN che è stato ucciso nelle prime pagine del best seller di Dan Brown Angeli e Demoni che è stato trasposto in un film che uscirà nel 2009. Questi sta insegnando al CERN per insegnanti di fisica provenienti da tutta Europa, ed è un ospite fisso per essere intervistato alla radio e alla televisione, ha recentemente dato alle stampe un libro in lingua tedesca sulla fisica delle particelle al CERN (Am Rand der Dimensionen, On the Border of the Dimensions, (Al confine delle dimensioni) vedi in Risorse). Per la sua dedizione all’insegnamento delle scienze è stato insignito del Premio della SOcietà Europea di Fisica per la comunicazione.

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