L’LHC: a un passo più vicino al Big Bang Understand article

Tradotto da: Rocco G. Maltese. Il 10 Settembre del 2008 alle 10:28 del mattino, è stato acceso il più grande acceleratore di particelle del mondo – il Large Hadron Collider  . Ma perché? Nel primo dei due articoli, Rolf Landua del  CERN e Marlene Rau del EMBL stanno…

Parti del sensore ATLAS,
Immagine fornita cortesemente
dal CERN

Quando l’Universo si è formato 13700 milioni di anni fa dopo il Big Bang, una immensa concentrazione di energia si è trasformata in materia in meno di un miliardesimo di secondo. Le temperature, le densità e le energie in gioco furono estremamente alte. Secondo la legge di Einstein E=mc2, per creare una particella di materia di una certa massa (m), è necessaria una corrispondente quantità di energia (E),  e la velocità della luce ( c ) definisce la velocità di scambio della trasformazione. Così le alte energie sviluppate subito dopo il Big Bang possono aver creato particelle con una grande massa. I fisici hanno proposto che queste ipotetiche particelle pesanti possono spiegare le questioni ancora aperte sulla creazione e la composizione dell’Universo. 

Per verificare queste teorie, gli scienziati hanno costruito il Large Hadron Collider (LHC). Se si può creare un tipo di particella nell’LHC, il più grande acceleratore del mondo, si assume che siano esistite subito dopo il Big Bang. L’HLC fa collidere particelle utilizzando le più elevate energie cinetiche al momento tecnicamente possibili (queste energie corrispondono a quelle calcolate esistenti 10-12 secondi dopo il Big Bang), facendo scontrare le particelle le une alle altre con una velocità pari quasi a quella della luce. Dovrebbero risultare nuove particelle di massa più elevate di quelle raggiunte in precedenti esperimenti, permettendo ai fisici di provare le loro idee. Contrariamente a quello riportato dai media, tuttavia, l’energia di collisione nell’LHC sarà circa 1075 volte più bassa di quella supposta nel Big Bang, così il timore che si potesse ricreare un “Piccolo Big Bang” al suo interno, era infondato. 

I blocchi costituenti della materia: il modello standard

Sin dai tempi dei filosofi Greci, ci si chiedeva di quale materiale fosse costituito il mondo. E’ possibile spiegare in modo semplice, l’enorme diversità dei fenomeni naturali, le rocce, le piante, gli animali (inclusi gli esseri umani), le nuvole, i temporali, le stelle, i pianeti e molto ancora? Le teorie e le scoperte proposte dai fisici dei tempi passati hanno fornito una risposta: ogni cosa dell’Universo è costituito da un certo numero di piccoli blocchi detti particelle di materia, governati dalle quattro forze fondamentali. La nostra migliore comprensione di come queste forze interagiscono tra loro è inserita nel modello standard delle particelle e delle forze (vedi immagine). Sviluppato nei primi anni del 1970, ed è una teoria fisica ben verificata. 

Il modello standard della
fisica delle particelle. Cliccate
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concessa dal CERN

Le particelle della materia sono di due differenti tipi: leptoni e quark. Entrambe sono puntiformi (non più grandi di 10-19 m, un miliardo di volte più piccole del diametro di un atomo). Tutte insieme, formano un set di dodici particelle, divise in tre famiglie, ciascuna consistente di due leptoni e due quark. La famiglia fondamentale, costituita da un quark-su, un quark-giù, un elettrone e un neutrino (i due leptoni), è sufficiente a spiegare il nostro mondo visibile. Le otto particelle di materia di altre due famiglie non sono stabili, e sembrano differenziarsi dalla famiglia fondamentale esclusivamente per la massa che è più grande. Mentre il Premio Nobel del 2008 per la Fisica è stato assegnato per la spiegazione del perché queste altre particelle di materia, potrebbero esistere w1, i fisici stanno ancora studiando perché sono esattamente otto. 

Le particelle di materia possono ‘comunicare’ tra loro in quattro modi differenti, scambiandosi differenti tipi di particelle messaggeri detti bosoni (un tipo per ciascuna delle quattro interazioni), la quale può essere immaginata come un piccolo pacchetto di energia con delle specifiche proprietà. La forza e il raggio di azione di queste quattro interazioni (le forze fondamentali) sono responsabili della gerarchia nella materia.     

Tre quark sono legati assieme dalla forza a corto raggio della interazione forte e formano un adrone (particelle formate da quark) – i protoni (due quark-su e un quark-giù) e i neutroni (un quark-su e due quark-giù) dei nuclei atomici. Il quark-su ha una carica elettrica di +2/3, un quark-giù di -1/3, il che spiega perché la carica del protone è positiva e la neutralità del neutrone.  

Come si dispongono gli elettroni attratti dai nuclei affinché formino un atomo? Poiché i protoni con carica elettrica positiva e gli elettroni con carica negativa, si attraggono tra loro a causa della interazione a grande raggio d’azione l’interazione elettromagnetica, forzando i più leggeri elettroni in un’orbita attorno al nucleo pesante. Diversi atomi possono formare molecole, che sono la materia base della vita.   

Poiché tutte queste particelle possiedono una massa, esse si attraggono per gravità – ma questa forza a lungo raggio, il terzo tipo di interazione, è così debole (circa 38 ordini di grandezza più debole dell’elettromagnetismo) che gioca un qualche ruolo solo quando molte particelle si accumulano tutte insieme. Questo effetto gravitazionale combinato di tutti i protoni e i neutroni è quello che ci fa galleggiare nello spazio. 

Infine, vi è la forza debole ( praticamente più forte della gravità, ma più debole delle altre tre) – con un raggio d’azione  molto corto – che permette la trasformazione di un tipo di quark in un altro, o di un tipo di leptone in un altro. Senza queste trasformazioni, non vi sarebbe nessun decadimento radioattivo beta, per la quale un neutrone è convertito in un protone, cioè un quark-giù è trasformato in un quark-su (per una discussione sul decadimento radioattivo beta, vedi Rebusco et al, 2007). Inoltre, il Sole non risplenderebbe: le stelle traggono energia che irradiano, dal processo di fusione (per una ulteriore spiegazione, vedi  Westra, 2006), ), in cui un protone è trasformato in un neutrone dalla trasformazione di un quark-su in un quark-giù – in altre parole, l’inverso di ciò che succede nel decadimento beta.

Sebbene il modello standard sia servito ai fisici per comprendere al meglio le leggi fondamentali della natura, però non ci dice tutta l’intera storia. Un certo numero di questioni rimangono tuttora aperte, e alcuni esperimenti che si conducono all’LHC servono proprio a risolvere questi problemi.  

Un ‘grosso’ problema – il campo di Higgs

Peter Higgs in visita
all’esperimento del CMS, con
il quale si doveva trovare
l’elusivo bosone di Higgs.

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 concessa dal CERN          

Uno dei problemi ancora aperti è il seguente: perché le particelle (e perciò la materia) possiedono una massa? Se le particelle non avessero massa, nell’Universo non potrebbe esistere nessuna struttura, perché ogni cosa sarebbe costituita solo da particelle prive di massa che si muovono alla velocità della luce. Tuttavia, la presenza della massa nelle particelle pone dei problemi matematici.   

Nel 1960, venne sviluppata un’idea per spiegare la forza debole e la forza elettromagnetica all’interno della stessa potente teoria, che descriveva l’elettricità, il magnetismo, la luce e alcuni altri tipi di radioattività come se fossero manifestazioni della stessa forza, chiamata non sorprendentemente, la forza elettrodebole. Ma proprio relativamente a questa unificazione per lavorarci matematicamente, si richiedeva  che la forza-portante le particelle avesse una massa. Tuttavia non era chiaro come matematicamente si potesse fornire  una massa a queste particelle. Così nel 1964, il fisico Peter Higgs, Robert Brout e François Engler derivarono una possibile spiegazione a questo dilemma. Suggerirono che le particelle acquisivano massa attraverso l’interazione con una campo di forza invisibile detto campo di Higgs. Alla sua particella messaggera fu dato il nome di bosone di Higgs. Il campo si propaga in tutto il cosmo: ogni particella che interagisce con esso (questa interazione può immaginarsi come una specie di attrito) viene assegnata una massa. Più  a lungo interagiscono, e più pesante diventano, mentre le particelle che non interagiscono mai con il campo di Higgs sono lasciate del tutto senza massa (vedi il  fumetto).

Questa idea fornisce una soddisfacente spiegazione tra la teoria e i fenomeni osservati. Il problema è che fino ad ora nessuno ha ancora visto il bosone elusivo. La difficoltà nel trovarlo (se esiste) è che la teoria non predice la sua massa, e così si dovrà trovare attraverso errori e prove.

Il meccanismo di Higgs.
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concessa dal CERN           

I fisici utilizzando collisioni di particelle ad alta energia, creano nuove particelle – e cercano tra queste, ilbosone di Higgs. Negli ultimi 30 anni si sono utilizzate energie sempre più elevate, ma la particella non si è ancora rilevata – presumibilmente le energie utilizzate non sono state sufficientemente alte. Stando a quanto si pensa, la particella di Higgs dovrebbe avere una massa di 130 volte quella del protone. Gli scienziati credono che l’energia generata dall’LHC – è sette volte più elevata di quelle usate fino ad oggi – doveva essere sufficiente per rivelare il bosone di Higgs.    

Due degli esperimenti condotti all’LHC, chiamati ATLAS e CMS, dovranno servire ad evidenziare le tracce del decadimento della particella di Higgs, che si crede sia molto instabile. Dimostrando la sua esistenza si farebbe un grande passo in avanti nella fisica delle particelle, e si completerebbe la comprensione della struttura della materia. Se, tuttavia, il bosone di Higgs non si trovasse, significherebbe che, o è più pesante delle particelle che LHC può far rivelare, o più semplicemente, che dopo tutto non esiste. In questo caso, una delle teorie in competizione con quella attuale potrebbe risultare vera. Altrimenti, i fisici teorici dovrebbero trovare una teoria completamente nuova che spieghi l’origine della massa.         

La parte oscura dell’Universo 

Vi è un altro importante aspetto della fisica delle particelle che il modello standard non può spiegare: le ultime osservazioni hanno messo in evidenza che ciò che ‘vediamo’ nell’Universo (le stelle, i pianeti, la polvere) costituiscono solo il 4% della massa e dell’energia totale (sotto forma di radiazione e campi nel vuoto, come il campo di Higgs). Comunque, la maggior parte dell’Universo, è costituito di una sostanza invisibile che non emette radiazione elettromagnetica – cioè, non possiamo rilevare direttamente con telescopi o strumenti simili. Queste sostanze interagiscono con la materia ‘normale’ per gravità, e non attraverso le altre tre forze fondamentali. Quindi possiamo individuarle attraverso gli effetti gravitazionali, che li rendono molto difficili da studiare. Queste sostanze misteriose fanno parte della cosiddetta energia oscura o materia oscura (come discussa da Warmbein, 2007, e Boffin, 2008).

Immagine composita di un
 ‘anello’ fantasma di materia
 oscura in una galassia a
grappolo Cl0024+17 (ZwCl
0024+1652). Fotografia
proveniente dal Telescopio
Spaziale Hubble

Immagine cortesemente
concessa dalla NASA, ESA, M.J.
 Jee e H. Ford (John Hopkins
University); fonte immagine:
Wikimedia Commons.

Le osservazioni più recenti suggeriscono che la materia oscura costituisce il 26% dell’Universo. La prima prova della sua esistenza risale al 1933, quando le osservazioni astronomiche e i calcoli degli effetti gravitazionali che dovevano rivelare che attorno alle galassie vi doveva essere altra ‘materia’ più di quello che I telescopi potevano individuare. I ricercatori ora credono che non solo che gli effetti gravitazionali della materia oscura fanno accelerare le galassie sempre più velocemente di quanto ci si poteva aspettare dalla loro massa osservabile, ma anche dal fatto che gli effetti gravitazionali della materia oscura fa deviare la luce degli oggetti dietro di essa (effetto  lenti gravitazionali, vedi  Jørgensen, 2006).Questi effetti possono essere misurati, e possono essere usati per stimare la densità della materia oscura anche se non possiamo vederla direttamente.

Ma cosa è la materia oscura? Un’idea è quella che potrebbero consistere di particelle super simmetriche – un ipotetico  insieme completo di ciascun delle dodici particelle descritte nel modello standard (vedi  diagramma).

Il concetto dei postulati della supersimmetria che per ogni particella della materia e delle particelle messaggere (cioè l’elettrone e il protone – particelle messaggere della forza elettromagnetica), vi è un partner super simmetrico (in questo caso, lo s-elettrone e il fotino). In un mondo super simmetrico, queste dovrebbero possedere  identiche masse e identiche cariche ai loro partner del modello standard, ma il loro momento angolare interno (detto spin, misurato in unità della costante di Planck) dovrebbero differire di ½ unità. Le particelle materiali hanno uno spin di ½, mentre le particelle messaggere hanno spin 1. Variando lo spin di ½ unità si potrebbe trasformare particelle di materia in particelle messaggere, e vice versa.  

SUSY_Spektrum_German.jpg:
 Supersimmetria: per
ogni
particella del modello
standard, sipostula un
partner super
simmetrico.
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sull’immagine per
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Immagine cortesement
concessa dal CERN 

Ma cosa ha a che fare la super simmetria con la materia oscura? Se la teoria della super simmetria è corretta, allora il Big Bang dovrebbe aver prodotto molte particelle super simmetriche. La maggior parte di esse dovrebbero essere instabile e decadere, ma la particella super simmetrica più leggera potrebbe essere stabile. E potrebbe essere questa più leggera particella super simmetrica a risiedere nell’Universo e agglomerarsi in grosse sfere di materia oscura, che si pensa possano funzionare da collegamento per la formazione di galassie e stelle al loro interno.   

Comunque, nessuna di queste particelle super simmetriche  è stata ancora identificata – inoltre, forse per le loro masse che sono così grandi che non possono essere rivelate dall’acceleratore di particelle perché vanno oltre il raggio di individuazione, minore di quello dell’LHC, così come è successo col bosone di Higgs. Così se esiste, persino la più leggera dovrebbe essere molto pesante: piuttosto che avere la stessa massa della loro partner super simmetrica  (come originalmente proposto), dovrebbe avere massa anche più grande. La super simmetria è stata anche utilizzata per una possibile spiegazione di altri, più complessi puzzle della fisica delle particelle. Così se ciascun esperimento condotto dal LHC può individuare e misurare le proprietà di queste particelle, si potrebbe avere un significativo avanzamento della comprensione dell’Universo.

L’anti-mondo perduto?

Abbiamo sentito parlare di materia, di materia oscura e energia oscura – ma nell’Universo primordiale, v’era anche qualcosa in più: abbiamo delle buone ragioni per credere che in una minima frazione di secondo dopo il  Big Bang, l’Universo fu popolato con una uguale quantità di materia e di antimateria. Quando si producono particelle mediante l’energia, come nel caso del Big Bang o con collisioni ad alta energia, si creano sempre con la loro controparte nell’anti materia. Non appena una particella dell’anti materia incontra la sua controparte della materia, si annichila, e il processo di annichilazione trasforma le loro masse di nuovo in energia. Così, nel Big Bang materia e antimateria dovrebbero essere state prodotte in egual misura, ed anche avrebbero dovuto cancellarsi a vicenda completamente. Mentre tutta l’antimateria prodotta dal Big Bang è scomparsa, una piccola quantità di materia è rimasta alla fine del processo: ciò è quello che ci costituisce attualmente. Come è stato possibile che succedesse questo?   

L’antimateria è come se fosse l’immagine riflessa specularmente della materia, una antiparticella esiste con la stessa massa, ma con proprietà invertite: per esempio, gli elettroni che hanno carica negativa hanno una carica positiva nella antiparticella chiamata positrone. L’antimateria fu proposta nel 1928 dal fisico Paul Dirac. Egli sviluppò una teoria che combinava la meccanica quantistica e la teoria della relatività speciale di Einstein relativamente alla descrizione dell’interazione di un elettrone che si muove con velocità vicine alla velocità della luce. Si trovò che l’equazione base che aveva derivato, aveva due soluzioni, una per l’elettrone e l’altra che descriveva una particella con la stessa massa ma con carica positiva (quella che ora conosciamo col nome di positrone). Nel 1932, si trovò la prova della correttezza di questa idea, quando si scoprì che il positrone era contenuto naturalmente nei raggi cosmici. Questi raggi collidono con le particelle presenti nell’atmosfera terrestre: in queste collisioni, si generano a tutt’oggi, positroni e antiprotoni.     

Immagine cortesemente concessa dal CERN
 

Negli ultimi 50 anni e più, i laboratori come quelli del CERN hanno ripetutamente prodotto antiparticelle dalla collisione e studiate, dimostrando con una precisione più o meno alta che le loro proprietà statiche (massa, carica e momento magnetico) sono in verità simile a quelle delle loro particelle di materia della controparte. Nel 1995, il CERN è stato il primo laboratorio a creare artificialmente degli anti-atomi dagli anti-protoni e positroni. 

Se la quantità di materia e di antimateria fossero come in origine uguali, perché non si sono annichilate l’una con l’altra, lasciando null’altro che radiazione? Il fatto che la materia sopravviveva mentre l’antimateria svaniva suggeriva che vi era stato un precedente squilibrio, lasciando una piccolissima frazione di materia sulla quantità di antimateria. I fisici si chiedono oggi come è potuto avvenire questo disequilibrio.

Uno degli esperimenti dell’LHC (LHCb) è servito a ricercare una migliore comprensione della sparizione dell’antimateria studiando la velocità di decadimento del quark b – che appartiene alla terza famiglia di quark (vedi il  diagramma del modello standard) – confrontandoli con quelli degli anti-quark b. Se si conosce già che le loro velocità di decadimento sono differenti, da misure più dettagliate si ci aspetta che diano un più grande contributo alla comprensione del preciso meccanismo che sta alla base di questo squilibrio.

Il brodo primordiale

Gli stadi di evoluzione
dell’Universo dal Big Bang ai
 giorni nostri. Cliccare per
allargare

Immagine cortesemente
concessa dal CERN

Per rispondere a tutte queste domande, i fisici faranno collidere dei protoni nell’LHC. Tuttavia, per una certa parte dell’anno, fasci di ioni piombo saranno accelerati sino a collidere, e il prodotto di queste collisioni verranno analizzate mediante ALICE, il quarto maggior esperimento eseguito all’LHC (oltre ad ATLAS, CMS e LHCb). 

A 10-5 secondi dopo il Big Bang, nell'”ultima” fase dell’Universo, quando si è raffreddato di un ‘mero’ 2000 miliardi di gradi, i quark si uniscono formando protoni e neutroni che in seguito formeranno i nuclei atomici (vedi l’immagine della storia dell’Universo). E là rimarranno dei quark, tenuti assieme dai gluoni, le particelle messaggere della forza forte (vedere il diagramma del modello standard). Per il fatto che l’intensità della forza forte tra quark e gluoni aumenta con la distanza, contrariamente a quella delle altre forze, gli esperimenti non sono stati in grado di promuovere i singoli quark o gluoni in protoni, neutroni o in altre particelle composite, come i mesoni. I fisici dicono che i quark e i gluoni sono confinate all’interno di queste particelle composite.

Supponiamo, tuttavia, che si fosse possibile invertire questo processo di confinamento. Il modello standard predice che a temperatura molto alta combinata con una densità molto alta, quark e gluoni dovrebbero esistere liberi in un nuovo stato della materia noto come un plasma di quark-gluoni, una ‘brodo’ denso di quark e gluoni. Questo tipo di transizione dovrebbe avvenire quando la temperatura è oltre i 2000 miliardi di gradi –  circa 100 000 volte più caldo del nucleo del Sole. Per alcuni milionesimi di secondo, circa 10-6 dopo il Big Bang, la temperatura e la densità dell’Universo furono in verità, sufficientemente alte affinché l’Universo si trovasse nello stato di plasma di quark-gluoni. L’esperimento ALICE ricreerà queste condizioni all’interno del volume di nuclei atomici, e analizzando in dettaglio le risultanti tracce per provare l’esistenza del plasma e studiare le sue caratteristiche.      

Nel secondo articolo (Landua, 2008), Rolf Landua introduce la tecnologia dell’LHC e dei quattro grandi esperimenti, ATLAS, CMS, LHCb e ALICE.


References

Web References

  • w1 – Il Premio Nobel in Fisica del 2008 è stato assegnato a pari merito a Yoichiro Nambu ‘per la scoperta che lo spontaneo meccanismo di rottura della simmetria nella fisica sub-atomica’ e a Makoto Kobayashi e Toshihide Maskawa ‘per la scoperta dell’origine della rottura della simmetria che predice l’esistenza di almeno tre famiglie di quark in natura’. Per ulteriori dettagli del loro lavoro, vedere:​ http://nobelprize.org/nobel_prizes/physics/laureates/2008/press.html

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Author(s)

Rolf Landua è il Capo della Sezione Educazione del CERN, dove sta lavorando sin dal 1980. Un fisico Tedesco delle particelle, egli è il co-iniziatore della Fattoria dell’Antimateria del CERN e ha condotto il progetto ATHENA che ha creato milioni di atomi di anti-idrogeno nel 2002. Egli è segretamente famoso per il modello del personaggio di Leonardo Vetra, un fisico dell’antimateria del CERN che è stato ucciso nelle prime pagine del famoso romanzo di Dan Brown Angeli e Demoni , che è stato tradotto in un film di Hollywood su autorizzazione nel Maggio 2009. Tiene corsi al CERN per insegnanti di fisica provenienti da tutta Europa, fa altresì coppia con l’intervistatore sia alla radio che alla televisione e ha editato recentemente un libro in Lingua tedesca sulla fisica delle particelle al CERN (Am Rand der Dimensionen, On the Border of Dimensions (Al confine delle dimensioni), vedi le risorse). Per la sua dedizione alla propagazione dell’educazione delle scienze nelle scuole, ha ricevuto nel 2003 il premio da parte Società Europea delle Scienze. 

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