In che modo le neuroscienze ci aiutano a capire il meccanismo della memoria e dell’attenzione Understand article
Tradotto da: Rocco G. Maltese. In che modo, attraverso gli elettrodi impiantati nel cervello ci possono insegnare come avviene l’apprendimento.
“E’ presente una guerra nel nostro cervello,” racconta il neuroscienziato Jean-Philippe Lachaux, ricercatore e direttore presso l’Istituto di Ricerca della Salute della Nazione Francese (French National Health Research Institute) (Inserm) a Lione in Francia. “Vi è una competizione tra il sistema ospite, dove risiede l’attenzione, che si basa su regole fisse ed esperienza, il sistema di ricompensa, ed il sistema esecutivo, che principalmente risiede nel lobo centrale.”
Quando ci impegniamo in attività multiple, questi sistemi si coordinano producendo una mappa di priorità. Se, ad esempio, vi concentrate a scrivere un articolo, risolvere un enigma, o impegnarsi in una conversazione o nella lettura di un lungo articolo, desiderereste che il vostro sistema esecutivo vinca questa guerra. Ma con così tanti stimoli esterni – dal cellulare dalle rumorose suonerie, alla TV si nota che gli occhi come palline da pin-pong si muovono avanti e indietro – e risulta difficile focalizzare l’attenzione su quello che si sta facendo.
Lachaux vuole riuscire ad individuare quale circuito neurale reagisce all’interno del cervello, se ci distraiamo. Una conoscenza più approfondita su quello che succede quando perdiamo la concentrazione, aiuterebbe i neuroscienziati a formare persone più resistenti alle distrazioni.
Gran parte del lavoro in quest’area si è occupato di ‘individuazione di zona’ detta anche propagazione nella mente. Quello a cui sono interessati Lachaux e il suo gruppo, tuttavia riguarda la ‘micro-propagazione’: quei piccoli sfarfallii di distrazione che percepiamo quando qualcuno ci fa squillare il telefono mentre facciamo le parole crociate. “Con la micro propagazione non si perde totalmente il filo di quello che sta facendo ma si subisce una interferenza,” afferma Lachaux. “Per un paio di secondi, andate in multitasking, cioè in multifunzione.
Nel laboratorio di Lachauux a Lione, si opera in un certo senso, con un approccio non ortodosso – si utilizza l’encefalogramma intro-craniale (EEG). Questa tecnica implica un intervento chirurgico in anestesia per sistemare gli elettrodi direttamente sulla superficie, o in profondità del cervello del paziente. Certamente utilizzare una tale tecnica invasiva a scopo puramente di ricerca, pone dei seri problemi etici. Tuttavia gli studi di Lachauax, sono stati eseguiti su pazienti epilettici che – per ragioni terapeutiche non erano stati considerati nello studio – furono collegati all’EEG intro-craniale per due settimane. Ai soggetti fu chiesto di concentrarsi sui compiti da eseguire su un iPad e quindi si osservava cosa succedeva quando venivano distratti, per esempio dal un trillo del telefono.
Analoghi test sulla distrazione, senza EEG, sono stati effettuati su un secondo, gruppo sano di età compresa tra 6 e 60 anni, per accertarsi della bontà dello studio e del rendimento del gruppo e rivelare come la concentrazione varia in funzione dell’età.
Lachaux dice: “Per prima notiamo che la predisposizione a distrarsi aumenta tra i 6 e i 20 anni, dopo di ché si mantiene quasi stabile per persone adulte”, “E, dal gruppo sottoposto a EEG, si identifichino invece, le aree coinvolte quando si perde l’attenzione.”
Attenzione e apprendimento
Lachaux crede che questo tipo di studi indicherà la strada per creare programmi di intervento utilizzabili per migliorare l’attenzione nei bambini in età scolare. “Solo spiegando semplicemente ai bambini che differenti aree del cervello sono in competizione per il controllo della loro attenzione può aiutarli a comprendere l’azione di processo multiplo (multitasking).”
L’attenzione è importante nel processo di apprendimento e allo stesso modo nel processo di memorizzazione, e una mente che si pone domande può influenzare la capacità di richiamare le informazioni. Una azione quotidiana come ricordarsi dei dettagli di un articolo o di un libro di testo che per esempio, si è letto ieri, se non si ricorda, può essere noioso o poco efficiente, dover rileggere del materiale che invece si dovrebbero ricordare se non si fosse stati distratti. Che cosa possiamo dire in situazioni emotive estreme come essere testimoni di un incidente stradale, o se sentiamo uno sparo per strada? Gli psicologi stanno studiando come l’emozione e lo stress possono influenzare la capacità di concentrazione e ricordare i dettagli.
Fino a poco tempo fa, si credeva che gli stimoli emotivi deprivano così tanto le risorse cognitive che si dimenticavano altre informazioni ricevute in contemporanea. L’idea era quella di considerare il nostro cervello fosse progettato per focalizzarsi su fenomeno emotivo a spese di altre informazioni.
Comunque, Michiko Sakaki, ricercatrice anziana dell’Università di Reading, UK, dice che quanto ricavato dalle ricerche del suo gruppo di lavoro suggeriscono che la realtà può essere più complessa. “L’eccitazione può condurre a differenti effetti a seconda delle priorità. Quando le persone vanno incontro a stimoli emotivi, possono accentuare la loro attenzione a certe informazioni particolarmente salienti alle quali attribuiamo una più alta priorità.”
Sakaki ha condotto esperimenti controllati sulla interazione tra emozione e cognizione. Per indurre una risposta emotiva, i soggetti ricevevano una scossa elettrica – spiacevole ma non pericolosa – contemporaneamente a un suono ad alta frequenza – o a bassa frequenza (Lee et al, 2014). Quasi subito imparavano ad associare il suono di una certa frequenza al piccolo shock elettrico. Quindi i ricercatori chiedevano ai partecipanti di partecipare a un gioco di memoria mentre ascoltano la frequenza di un suono. Il compito richiedeva ai partecipanti di ricordare vari argomenti più a meno salienti (ad esempio: visi, a cui sono particolarmente sensibili gli esseri umani, e luoghi). La domanda è allora se i soggetti riescono ad affrontare test di memoria in regime di stress tipo, il timore di uno shock elettrico.
“Abbiamo trovato che l’attenzione dei partecipanti è condizionata dall’emozione e dalla priorità, nel senso che pongono più attenzione a informazioni particolarmente intense o a dettagli che sono considerati da loro molto rilevanti, ma la ritenzione di informazioni di bassa priorità non è comune,” dice Sakaki. Il suo gruppo ha trovato un modello simile anche sulla memoria dei partecipanti.
“Questo richiama il punto di vista tradizionale cioè che, l’eccitazione emozionale influenza sempre il processo di altre informazioni,” ha detto. “Non è semplice. L’opinione che l’emozione aumenta l’attenzione a, o la ritenzione di, informazioni di alta priorità suggerisce che gli insegnanti possono costruire schemi educativi più emozionanti per aumentare l’apprendimento degli alunni.”
Riconoscimenti
La versione originale di questo articolo è stata pubblicata su Horizon, la rivista dell’UE sulla ricerca e innovazionew1.
References
- Lee TH et al (2014) Emotional arousal amplifies the effects of biased competition in the brain (L’eccitazione emotiva amplifica gli effetti di una competizione distorta nel cervello). Social Cognitive and Affective Neuroscience 9: 2067-2077. doi: 10.1093/scan/nsu015
Web References
- w1 – La versione originale si può leggere sul sito Horizon.
Resources
- Per disporre di ulteriori materiali didattici sulle neuroscienze e il loro utilizzo in classe, leggere:
- Marytnoga B (2015) Can neuroscience solve the mystery of how students learn? (Possono le neuroscienze risolvere il mistero sull’apprendimento degli studenti?). The Guardian (UK), 12 July.
- Per un esempio sull’utilizzo degli stimoli emotivi in classe, vedi:
- Molyneux C (2007) Using music in the science classroom. Science in School 5: 32-35