Studiando l’atmosfera del Sole Understand article

Traduzione di Laura Massini. Vi siete mai chiesti che cosa rappresenta il vento solare per noi sulla Terra o cosa succede quando la superficie del Sole erutta sporadicamente? Lucie Green del Laboratorio Space Science Mullard del University College di Londra, Regno Unito, descrive alcune delle…

Una espulsione di massa della
corona in fase di svolgimento

Immagine cortesemente messa a
disposizione dall SOHO (ESA & NASA)

Attualmente in fase di avvio uno speciale programma di ricerca con l’obiettivo di studiare il Sole e la sua influenza sul Sistema Solare. Il programma – sviluppato dalle Nazioni Unite – si chiama International Heliophysical Year (Anno Internazionale Eliofisico)w1 e coinvolge scienziati da tutta Europa. Tra gli argomenti di interesse lo studio dell’atmosfera del Sole – dal momento che al riguardo sono ancora molti i perché sulla “nostra” stella.

Una questione aperta risale al 1869, quando una linea spettrale venne rilevata durante le osservazioni spettroscopiche delle eclissi totali di sole senza che fosse mai stata osservata prima di allora a livello sperimentale in un laboratorio. Ritenuta inizialmente la prova dell’esistenza di un nuovo elemento – temporaneamente chiamato ‘coronium’ – si scoprì in seguito essere prodotta da atomi di ferro altamente ionizzati, formati a seguito di altissime temperature (all’incirca 1 milione di Kelvin). Questa scoperta del 1939 portò a concludere che i gas nell’atmosfera solare dovevano essere molto più caldi della superficie, la cui temperatura è pari a 6000 Kelvin, aprendo così un rompicapo. Allontanandosi dalla fonte di calore (il nucleo centrale del Sole), la temperatura dovrebbe infatti diminuire. Questa diminuzione si osserva fino a che si raggiunge il limite superiore della fotosfera, successivamente però la temperatura ricomincia ad aumentare in funzione della distanza dal centro; risulta di conseguenza violato il secondo principio della termodinamica – in cui si afferma che un corpo più freddo non può riscaldare uno più caldo. Che cosa riscalda, dunque, la corona solare? Il quesito è anche conosciuto come il problema del riscaldamento della corona.

Nonostante la scoperta della prima linea di emissione della corona nella porzione del visibile, la maggior parte dello spettro di emissione risulta comprendere lunghezze d’onda tipiche dell’ultravioletto e dei raggi X. Nel 1957, momento di avvio dell’era spaziale, i telescopi a raggi X posizionati su missili e satelliti iniziarono a raccogliere dati all’esterno dell’atmosfera assorbente della Terra che permisero ai ricercatori di iniziare lo studio dei fenomeni in atto nell’atmosfera solare. Le osservazioni mostrarono subito che l’emissione più intensa tipica dei raggi X era localizzata nelle regioni dell’atmosfera del Sole dove i campi magnetici erano più fortemente concentrati. Esiste, dunque, una relazione tra campi magnetici e riscaldamento?

La cromosfera vista dal
veicolo spaziale SOHO

Immagine cortesemente messa a
disposizione dall SOHO (ESA & NASA)
Le strutture nella atmosfera
solare create dai campi
magnetici

Immagine cortesemente messa a
disposizione dall SOHO (ESA & NASA)
La corona fotografata
con la missione SOHO

Immagine cortesemente messa a
disposizione dall SOHO (ESA & NASA)

Osservazioni effettuate da agenzie e strutture spaziali come l’Agenzia Spaziale Europea (ESA)/Aeronautica Nazionale e la missione spaziale SOHO del 1995 sono attualmente intente a verificare le diverse teorie sviluppate in merito. Le ipotesi sono essenzialmente divise in due categorie: modelli a tensione in cui l’energia è ricavata da campi magnetici che si inseriscono attraverso la corona, oppure modelli a onda in cui l’energia è trasferita sottoforma di onde che si propagano dall’alto verso il basso. L’idea maggiormente appoggiata è attualmente che l’energia sia dovuta a campi magnetici che sono costantemente spinti e movimentati nell’intorno, ma la ricerca è ancora in corso.

Una conseguenza dell’alta temperatura della corona del Sole – insieme alla sua alta conducibilità termica – è la sua continua espansione nello spazio. Questa espansione definisce il cosiddetto vento solare, di cui si conoscono due tipi: il vento debole che viaggia a circa 400 km/s e il vento veloce che si muove invece a circa 800 km/s. Attualmente, i meccanismi di accelerazione e la localizzazione dei due tipi di vento solare non sono realmente compresi, ma sono in fase di studio.

Una eruzione solare nella
atmosfera solare

Immagine cortesemente messa
a disposizione dall SOHO (ESA & NASA)

Il vento solare soffia su tutti i pianeti e gli altri corpi celesti del Sistema Solare. Alcuni pianeti – è il caso della Terra – generano il proprio campo magnetico: si tratta in genere di quelli che hanno un nucleo centrale di ferro liquefatto (la Terra) oppure un’atmosfera di idrogeno liquefatto a seguito di altissima pressione (come Giove). Questi fenomeni producono una bolla magnetica attorno al pianeta, intorno a cui il vento solare soffia normalmente. Il pianeta e i suoi campi magnetici si comportano come una roccia in un fiume e deviano il flusso del vento. Il vento solare tuttavia porta con sé un campo magnetico che è a sua volta dotato di un preciso orientamento; quando il campo ha una direzione meridionale e si allinea con il campo magnetico della Terra, si producono dei fenomeni ottici chiamati aurore (Boreali o Australi, a seconda dell’emisfero in cui si verificano).

Sono in corso degli studi per determinare come viene trasferita l’energia dal vento solare all’atmosfera terrestre e per verificare come il vento solare interagisce con i pianeti senza un campo magnetico proprio. Ad esempio, la missione Venus Express (Espresso Venere) è attualmente in orbita attorno al pianeta Venere e sta misurando l’erosione dell’atmosfera del pianeta dovuta al vento solare.

La forma più scenica dell’attività che avviene a livello dell’atmosfera del Sole è rappresentata dalle enormi eruzioni di plasma e campo magnetico conosciute come espulsioni di massa coronale o CME. Scoperte originariamente negli anni ’70, è stato mostrato da allora che la loro frequenza varia ciclicamente (fenomeno conosciuto come ciclo solare): le CME avvengono almeno una volta ogni tre giorni, fino ad un massimo di tre o cinque volte al giorno. Queste eruzioni possono essere dirette verso la Terra e, così come per il vento solare, una relazione con il campo magnetico della Terra è stata ipotizzata e verificata. In queste condizioni, le conseguenze osservate sulla Terra sono molto evidenti, talvolta gravi, a partire dal fatto che il riscaldamento e l’espansione dell’atmosfera terrestre comportano un cambiamento delle orbite dei satelliti. Il reale effetto delle CME rende il fenomeno così interessante da studiare che ci sono attualmente flotte di veicoli spaziali intenti ad osservare Sole e Terra.

La causa delle espulsioni CME è ricollegabile ai campi magnetici del Sole, che sono a lora volta creati da correnti elettriche all’interno di quello che è anche definito come dinamo solare, nella profondità del centro della stella. Fasci di campi altamente concentrati si inalzano ed emergono attraverso la fotosfera e si estendono fino a dentro la corona. Questi campi magnetici sono continuamente introdotti nell’atmosfera e si pensa che le CME forniscano un mezzo per rimuoverli ed evitarne l’accumulo. Sono in corso studi in merito con le missioni spaziali quali SOHO, TRACE, STEREO e Hinode, al fine di monitorare il cambiamento nel tempo delle strutture dei campi magnetici.

Un dettaglio della cromosfera
Immagine cortesemente messa
a disposizione dall Hinode JAXA/NASA

La missione STEREO comprende due veicoli orbitanti attorno al Sole in modo che possano allontanarsi dalla Terra nello spazio (un’orbita è leggermente più vicina al Sole che alla Terra, e una leggermente più esterna). Questo significa che i due veicoli spaziali vedono il Sole da due diverse posizioni dello spazio e così come due occhi danno un senso di profondità e prospettiva, così la missione STEREO sta dando una visione 3D delle strutture magnetiche che eruttano (vedere l’immagine in fondo alla pagina 53). La visione 3D è in uso per cercare di capire la fisica dell’eruzione usando le conoscenze sulla struttura dei campi magnetici. STEREO sta inoltre aiutando a valutare quali CME andranno a interagire con la Terra. Questa possibilità di prevedere le eruzioni CME è di grande aiuto per gli operatori di satelliti e organizzazioni che operano nel settore delle reti elettriche: ad esempio, le orbite dei satelliti potrebbero essere attentamente monitorate quando si prevede che delle CME possano colpire la Terra.

La missione Hinode è l’equivalente del Telescopio Hubble Space per il Sole e sta favorendo lo studio dell’evoluzione nel tempo delle immense strutture magnetiche dell’atmosfera con grande precisione. Si pensa che il solo modo per ricavare sufficiente energia per espellere i miliardi di tonnellate di materiale solare che costituiscono una CME sia attraverso l’energia immagazzinata nei campi magnetici distorti e attorcigliati. Hinode sta misurando il grado di attorcigliamento del campo e i risultati stanno per essere combinati con quelli della missione STEREO. Una volta capito perché le eruzioni CME avvengono, potremo eventualmente iniziare a predire quali strutture magnetiche emergeranno ed infine quali avranno gli effetti più evidenti sulla Terra.

L’incessante vento solare e le sporadiche eruzioni della corona testimoniano come la Terra sia costantemente soggetta alla presenza del Sole. In effetti, si può dire che siamo seduti nell’atmosfera del Sole che si espande nel Sistema Solare. La ricerca delle basi scientifiche che spiegano la complessità della nostra stella ci permette così anche di capire il nostro posto nel Sistema Solare.


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